Se a decidere è la coscienza altrui allora si sta mettendo in atto un duplice reato: il primo ai danni della libertà di scelta della donna e il secondo ai danni della legge194 che l’aborto lo garantisce e prevede. E’questo il caso avvenuto nelle scorse giornate negli ospedali di Arezzo dove gli operatori sanitari hanno lasciato i bisturi e hanno preso in mano la croce. Se è vero che la citata legge garantisce l’esistenza degli “obbiettori di coscienza”, è ancora più vero che impone la presenza necessaria di medici pronti a assicurare l’aborto quando richiesto. Citando un estratto dell’art 9 si legge “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste (…) e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalita’ previste. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilita’ del personale”.
Dunque non bastavano le lotte moraliste cattoliche ma dovevano arruolarsi a questo perbenismo anche i seguaci del giuramento d’ Ippocrate. Chiesa e scienza che si tengono per mano verso un’unica meta.
Bisogna precisare che il problema qui sollevato non vuole negare o mettere in discussione la discrezionalità del singolo medico che in nome della sua etica- o magari solo bigottismo chissà!- decida di astenersi all’IGV , ma certo è che una donna non debba girovagare da regione in regione sperando di trovare un ospedale disponibile a riconoscere il suo diritto. Dunque sono necessari maggiori controlli che riequilibrino le percentuali nelle strutture ospedaliere e negli stessi consultori familiari diventati noti per il personale che al solo nome della “pillola del giorno dopo” storce il naso.