mercoledì 28 dicembre 2011

Il ritorno al medioevo. Morire senza cure

Eravamo in pieno inverno e nevicava senza sosta. Le viuzze che collegano  i nuclei periferici alla città in un batter d'occhio vennero divorate da un manto bianco e il verde delle campagne lasciò lo spazio al bianco del nevischio.
Era domenica. Il Sig. Tizio quella mattina, impossibilitato a fare altro, decise di passare un pò di tempo a casa con la sua famiglia, magari vicino al focolare giocando con i suoi due bimbi. Ma all'improvviso lo colpì un malore. Il suo viso si colorò di  rosso purpureo e perse di colpo la sensibilità a tutti gli arti. Cadde a terra senza respiro con gli occhi sbarrati. Sua moglie, terrorizzata alla vista del proprio amato agonizzante sul pavimento di casa, immediatamente capì che lei stessa doveva agire senza perder tempo nell' aspettare i primi soccorsi. E da lì la corsa verso l'ospedale ma dato il tempo avverso le  uniche vie di comunicazione transitabili erano quelle che aggiravano le alture e dunque le  più lunghe.
Con il cuore in gola e le gambe tremolanti la sig.ra Caia arrivò al pronto soccorso più vicino mentre il sig. Caio era ormai privo di sensi e respirava appena.
Il medico di turno di quella gelida domenica d' inverso accorse all'auto ma già consapevole di non poter fare nulla. L'Ospedale era stato ormai dismesso da tempo e il pronto soccorso, smembrato dalla sua attività tipica, resisteva ancora ma quasi come una farsa da teatro. Solo smistamento verso gli altri centri ospedalieri.
La donna supplicò l'uomo dal camice bianco di agire, di salvare l'uomo che l'aveva resa felice e che gli era stata accanto una vita. Ma il medico abbassò la testa e mortificato dalla sua inutilità imposta dall'alto girò le spalle e ordinò a un suo collega di sistemare il paziente in ambulanza e di dirigersi in Città. Il sig. Tizio aveva un infarto in corso e gli aspettavano molti chilometri prima di ricevere un primo soccorso.
Non arrivò mai in Città. Salutò sua moglie per l'ultima volta in  una claustrofobica autoambulanza che affannosamente divorava i tornanti verso l'ultima ancora di salvezza.

Questa è una storia inventata. Dobbiamo tornare al medioevo?

domenica 16 ottobre 2011

QUANDO IL VINO DIVENTA NAZISTA

Solitamente non uso questo spazio per raccontarvi vicende personali ma questa credo che meriti una nota.
Due giorni fa mi sveglio e decido di fare colazione fuori, esco di casa e mi fermo in un bar in cui non ero mai stata prima.  Fin qui niente di strano, direte. Ma all'improvviso un evento spiacevole turba la mia voglia di croissant alla marmellata. Addento il mio dolciume in piedi di fronte al balcone del bar "incriminato" e i miei occhi rimangono scioccati alla vista di alcune bottiglie di vino esposte. I volti di Mussolini e Hitler , nelle loro migliori pose, decoravano le etichette delle bottiglie , messe li in vendita con tanto di cartellone promozionale di colore giallo- magari potevi non vederle- al modico prezzo di otto euro l'una.
Sono rimasta impalata con gli occhi sgranati per circa due minuti, cercavo di convincermi di essermi sbagliata e nel mentre ho capito  perchè il mio ragazzo poco prima mi aveva bisbigliato nell'orecchio  "qui non ci verrò mai più!".

Con tanto di imbarazzo, poiché mi si leggeva in faccia l'indignazione, mi accinsi a pagare e ad uscire di corsa quasi come se lo stare li dentro mi rendesse partecipe di questo oltraggio.
Subito dopo, facendo una ricerca minuziosa su google, ho scoperto che queste bottiglie che riproducono il duce con la mano tesa o con la faccia di Hitler in primo piano, sono in commercio da circa sei anni da parte di Alpa,  una ditta di vino della provincia di Cuneo. Dunque non sbalorditevi se domani andate a fare la spesa e trovate Mussolini di fianco al lambrusco, poiché le bottiglie del fascio sono in vendita anche nei supermercati.

Cercando ancora meglio ho scoperto che diverse denunce sono state fatte ma il proprietario, più che convinto della sua scelta, così  le commenta: «Io produco delle bottiglie di vino con etichette storiche che sono molto apprezzate dalla clientela. Non vedo perché dovrei cessare la vendita. Chi le compra lo fa per i motivi più diversi: per fare uno scherzo a un amico di opposte convinzioni politiche, perché è un collezionista".




Sono solo bottiglie con etichette storiche? Mettere la faccia di papa Wojtyla - come lo stesso produttore di vino fa- è la stessa cosa che mettere l'autore di una strage mondiale?
Bene vorrei che si riflettesse su questo punto, che ci si chiedesse fino a che punto una strategia di vendita possa usare mezzi comunicativi che offendono la dignità umana. In ultimo mi chiedo, poichè ogni campagna pubblicitaria, spot, banner o qualsiasi altro strumento di comunicazione commerciale solitamente vogliono veicolare un messaggio e  concorro a costruire l'identità aziendale, queste etichette mi staranno mica dicendo onore e rispetto al duce?
Spero vivamente di no...

giovedì 1 settembre 2011

Un cocktail radioattivo tutto calabrese

I calabresi mettono il loro patriottismo nelle cose più semplici, come la bontà dei loro frutti e dei loro vini. Amore disperato del loro paese, di cui riconoscono la vita cruda, che hanno fuggito, ma che in loro è rimasta allo stato di ricordo e di leggenda dell'infanzia.
Corrado Alvaro, Quasi una vita, 1950.


Forse è amore disperato quello che porta a interrogarmi sui mali che distruggono la mia terra. O forse è  solo il  dover assistere impotente ad un sterminio di massa, quello che in questi ultimi tempi, in Calabria, sta mietendo vittime alla pari dei caduti su un  campo di battaglia. In regione si contano percentuali altissime di casi di morbosità e decessi a causa di tumori. E nonostante i dati allarmanti mancano studi settoriali a riguardo. L’Epicentro ( Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute) con sedi in tutta Italia non ha mai svolto indagini nel tacco italiano. Incredula ho spulciato il sito ufficiale. Nulla di nulla.  Eppure basterebbe viverci in regione per capire quanto il fenomeno sia in crescendo e dunque quanto necessari siano le ricerche a riguardo. Questo vuoto scientifico lascia non pochi dubbi.
Cosa e perché non si vuole fare emergere? Per ora ci si può limitare solo a supposizioni: forse la soluzione sta nelle navi dei veleni che ornano le coste tirreniche, nelle discariche abusive disseminate qua e là nel territorio, nei materiali tossici usati nel crotonese per costruire scuole ed edifici pubblici, nei veleni sepolti nell’altopiano Silano? Se così fosse siamo davanti ad un cocktail radioattivo che da anni sta uccidendo  il nostro territorio ma purtroppo  mancano dati ufficiali che certifichino il nesso tra causa ed effetto.  
In ogni caso, i giovani di Paola (Cs) si ammalano quattro volte di più rispetto ai coetanei delle altre regioni italiane, nella fascia jonica del reggino un decesso su tre è causato dal cancro, nel cosentino  aumentano le leucemie e  le neoplasie rare, quelle legate alla contaminazione industriale. Peccato che la provincia calabrese  non spicchi per il numero di  fabbriche.
 In un comune di montagna -Acri (CS) -  a ridosso della Sila ma poco distante  dal mare, il numero di casi di malattie tumorali tra il 2008 e il 2009 è aumentato  vertiginosamente: si è passati da 148 eventi  a ben 263 e l’incremento maggiore è dovuto proprio a quei tumori collegati alla radioattività ossia linfomi, leucemie, mielomi, tumori della tiroide. Proprio dove per antonomasia l’aria dovrebbe essere  fresca e pulita e le colture sane e biologiche.
Un territorio, la Calabria,  che apparentemente offre paesaggi “incontaminati” con aspri altopiani e scogliere a strapiombo sul mare, spiagge bianche bagnate da acqua cristallina e verdi pascoli sulle cordigliere montuose che attraversano l’intera regione. Un paradiso terreste. Ma  forse solo per occhi ingenui.







giovedì 14 luglio 2011

Se a decidere è la coscienza altrui…


Se a decidere  è la coscienza altrui  allora si sta  mettendo in atto un duplice reato: il primo ai danni della libertà di scelta della donna  e il secondo ai danni della legge194 che l’aborto lo garantisce  e prevede. E’questo  il caso avvenuto nelle scorse giornate  negli ospedali di Arezzo dove gli operatori sanitari hanno lasciato i bisturi e hanno preso in mano la croce. Se è vero che la citata legge garantisce l’esistenza degli “obbiettori di coscienza”, è ancora più vero che impone la  presenza necessaria di medici pronti a assicurare l’aborto quando richiesto. Citando un estratto dell’art 9  si legge “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste (…) e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalita’ previste. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilita’ del personale”.
Dunque non bastavano le lotte moraliste cattoliche  ma dovevano arruolarsi a questo perbenismo anche i seguaci del giuramento d’ Ippocrate. Chiesa e scienza che si tengono per mano verso un’unica meta.
Bisogna precisare che il problema qui sollevato non vuole  negare o mettere in discussione la discrezionalità del singolo medico che in nome della sua etica- o magari solo bigottismo chissà!- decida di astenersi all’IGV , ma certo è che una donna non debba girovagare da regione in regione sperando di trovare un ospedale disponibile a riconoscere il suo diritto. Dunque sono necessari maggiori controlli che riequilibrino le percentuali  nelle strutture ospedaliere e negli stessi consultori familiari diventati  noti per il personale che al solo nome della “pillola del giorno dopo” storce il naso.




giovedì 7 luglio 2011

Quando la donna diventa preda…

“Se mi lasci ti uccido”. E’ la storia di Emanuela, appena ventenne, e freddata con un colpo di pistola dal compagno. E’ quella di Cristina, di età 33, assassinata con decine di coltellate dal suo ex marito di fronte all’assistente sociale che seguiva la loro separazione. O quella di Simona uccisa a seguito  l’interruzione della relazione con il suo amante . Lo chiamano “amore criminale” il fil rouge che lega queste vicende. Un fenomeno in crescita e che nel 2010 ha stroncato la vita a 127 donne, otto in più rispetto all’anno precedente e 15 se guardiamo i dati del 2008.
Da un’analisi sugli eventi delittuosi emerge il legame tra uccisore e donna: nel 31 % dei casi si tratta del partner attuale  mentre aumentano le percentuali degli ex che quest’anno giungono al 23% .

 Dati allarmanti che mostrano da un lato il deterioramento della psiche umana che trova nel  delitto la soluzione appagante alle proprie ossessioni, e dall’altra l’inefficacia delle disposizioni legislative in materia di tutela e prevenzione. A coprire il vuoto legislativo, nel 2009, c’ha pensato la legge sullo stalking, che nei fatti è una misura atta a sanzionare il ripetersi di quel “comportamento molesto, ossessivo, persecutorio, che si manifesta con telefonate a tutte le ore, attenzioni ripetute, appostamenti, biglietti e sms”. Ma che lascia non pochi dubbi sull’ efficienza pratica nonostante l’inasprimento delle pene.
Dai  fatti di cronaca accaduti nell’ultimo anno emerge l’aumento esponenziale  delle denunce da parte delle donne lese  ma ciò che non emergono, nel concreto, sono le azioni protettive necessarie ad evitare il “dramma”. Sarà forse un problema di iter procedurale troppo lungo e annoso? O forse difficoltà di accertamento della colpevolezza?
  In ogni caso resta la triste e poco consolatoria evidenza che molte delle donne uccise avevano precedentemente esposto regolare denuncia di persecuzione ma che di arresti o di procedure cautelative  non  ne avevano visto neanche l’ombra. Dunque le disposizioni in materia fanno poco o nulla se non vengono forniti gli strumenti ad hoc agli organi competenti, se non si avviano procedure immediate volte a tutelare la donna in continuo e potenziale pericolo. Se non si pone attenzione anche alla cura psicologica della “preda” che troppo spesso rimane sola, in balia delle proprie paure.







martedì 5 luglio 2011

"Io non voglio conoscere la verità ma mi piacerebbe poterla scrivere" G. Siani

Ed eccomi qui pronta a dar vita a quella idea  che da tempo mi balzava nella mente: ritagliarmi uno spazio nella blogosfera diventando editore di me stessa. Ci sarà tanto da lavorare ma i buoni propositi non mancano. Voglia di raccontare il mondo visto dal basso, di riportare "pezzi di verità" a volte trascurati, di creare un luogo d'incontro e di discussione.
A far da protagonista è l' informazione. E non importa che essa sia locale, nazionale o che provenga da oltre oceano. L'essenziale -ammettendo i limiti di discrezionalità umana- è che si attenga il più possibile ai fatti visti o cercati con occhi filtrati, è che si basi sulle tante verità che coesistono cercando di trovare un filo conduttore tra queste. 
Sarà come costruire un 'intero palazzo: cercare i mattoni più adattati e abbinarli pezzo dopo pezzo con tanta  pazienza e  maestria. 

E tutto ciò perchè puntare il dito contro il mondo dell'informazione attuale, a volte troppo fazioso e strumentalizzato, che rincorre e crea l'ultimo dramma per appiccicare l'esclusiva al pezzo o al servizio, non basta! E' davvero questa l'informazione che vogliamo? E' davvero necessario assistere alle storie di cronaca nera diventate uno sketch al limite del grottesco? 
Bene, credo proprio di no. E questo blog nasce con la consapevolezza di non essere la goccia rivoluzionaria ma che a suo modo potrà contribuire a cambiare lo stato delle cose.